Tras muchos meses de preocupación y ansiedad, el problema de los rituales tuvo una solución rápida, y una lenta. La rápida nos la proporcionó su terapeuta de entonces, que había acudido a nuestra casa para una sesión en contexto y pudo ver lo que ocurría (ya que en las sesiones híper-estructuradas en la clínica no se producían). Nos sugirió cortar cualquier forma de comunicación con el cuando nos exigía rituales. No contestarle, no entrar en el regateo de negociaciones, hacer cómo si no hubiéramos oído, dirigirle físicamente a la actividad. Lo que en ese momento fue un consejo de primeros auxilios, mientras se buscaba alguna causa de esta conducta, se reveló la solución definitiva al problema de los rituales durante la jornada. Por nuestra sorpresa, en tan solo dos horas de aplicar esta estrategia, Diego dejó de exigir rituales para pasar de una actividad a otra. Simplemente, la cosa se desinfló. Y con ella, toda la ansiedad del niño. Como si le hubieran liberado. Nos quedamos tan pasmados que me apresuré a escribir un correo a los maestros del colegio para explicarles lo ocurrido y para transmitirles las pautas a seguir. Era un martes por la tarde, a mediado de diciembre. El día siguiente, cuando fuimos a recoger a Diego al colegio, con inmensa trepidación leímos la nota que nos había dejado su tutora. En clase, también, había funcionado. Y siguió funcionando durante las semanas y meses siguientes. Diego empezó a trabajar en clase, a participar cada vez más. La tensión se aflojó tanto que a mediado del tercer trimestre nos comunicaron, en una reunión con el equipo de orientación, que aunque la trayectoria del niño en los 3 años de infantil había sido mucho más complicada de la que habían imaginado, se encontraba ahora en un “punto de inflexión”, y que con cierto optimismo propondrían su promoción a primaria.
Fue un momento surrealista. Los tres años de colegio habían sido duros, a pesar del esfuerzo de todos. Con mucho trabajo se habían conseguido mejoras en la participación y en la atención, pero con mucho apoyo y continuos altibajos. Ese día, era la primera vez que en una de esas reuniones nos hablaban de Diego en términos tan positivos. Nos enseñaron unos test que habían evidenciado unos puntos fuertes a nivel cognitivo (en realidad sabíamos de sobra que era capaz de resolver esos problemas, pero es cierto que en el colegio le costaba tanto adaptarse a la situación, que nunca había manifestado sus reales capacidades y en la mayoría de las ocasiones había rechazado colaborar en las evaluaciones). Destacaron un cambio evidente en su actitud en clase y en las sesiones de evaluación. Dijeron tantas cosas buenas que nos quedamos incapaces de reaccionar. Después de vivir con el terror de la derivación a un centro específico, o en el mejor de los casos la repetición del último curso de infantil, saber que pasaría a primero de primaria con sus compañeros nos provocó una tal bajada de tensión que no sabíamos que decir.
En los meses siguientes, trabajamos para confinar su necesidad de rituales en pocos momentos concretos del día. No hubo en este caso una solución rápida, ni posiblemente la habrá nunca. Tanto los expertos, como algunos adultos con autismo, nos explicaron que los rituales responden a la necesidad de tener algún tipo de control sobre un mundo que les parece ilógico, y que hay que entrenarle a contenerlos y limitarlos, pero que no se pueden ni se deben extirpar. Ha pasado más de un año, y controlar los rituales en los momentos admitidos sigue siendo complicado. El objetivo es que sean de corta duración y que no limiten el día a día. El hecho que cada día quiera cambiar de ritual, que intente añadir detalles, y que si se interrumpe el ritual lo quiera volver a empezar, no ayuda. Hemos conseguido grandes mejoras definiendo el tiempo de duración con la ayuda de un reloj y poniendo el trato por escrito (últimamente se lo hacemos escribir a él, para que adquiera autonomía), pero limitar los rituales es algo que le cuesta mucho, y enfrentarnos todos los días al continuo tira y afloja nos pone muy nerviosos todavía.
******************************************************
Dopo molti mesi di preoccupazione e ansia, il problema dei rituali ebbe una soluzione rapida, e una lenta. La soluzione rapida arrivò dalla sua terapeuta del momento, che era venuta a casa per una sessione in contesto naturale e aveva avuto l’occasione de vedere quello che stava succedendo (visto che nelle sessioni iper-strutturate in clinica non erano mai emersi rituali). Ci consigliò di interrompere qualsiasi forma di comunicazione quando ci esigeva rituali. Non rispondergli, non entrare nella trappola delle negoziazioni, far finta di non sentire, dirigerlo verso l’attività. Quello che voleva essere un consiglio di “primo soccorso” mentre si cercava la causa di quel comportamento, si rivelò la soluzione definitiva al problema dei rituali durante la giornata. Con nostra grande sorpresa, in appena due ore dall’applicazione di questa strategia, Diego smise di esigere rituali per passare da un’attività all’altra. Semplicemente, la cosa si sgonfiò. E con questa, tutta la sua ansia, come se lo avessero liberato. Mi affrettai a scrivere un messaggio ai maestri della scuola per spiegargli la strategia e i passi da seguire. Era un martedì pomeriggio, a metà dicembre. Il giorno seguente, quando andammo a prenderlo a scuola, con immensa trepidazione leggemmo l’appunto che ci aveva lasciato la maestra. Aveva funzionato anche in classe. E continuò a funzionare durante le settimane e i mesi successivi. Diego cominciò a lavorare in classe, a partecipare sempre di più. La tensione si allentò tanto che a metà del terzo trimestre ci comunicarono, in una riunione con l’equipe di orientamento, che anche se la traiettoria del bambino nei 3 anni di scuola materna era stata molto più complicata di quello che avevano immaginato, si trovava in quel momento in un “punto di inflessione”, e che con un certo ottimismo avrebbero proposto la sua promozione alla scuola elementare.
Fu un momento surreale. I tre anni di scuola materna erano stati duri, nonostante lo sforzo di tutti. Con molto lavoro si erano raggiunti miglioramenti nella partecipazione e nell’attenzione, ma con molto sostegno e molti altibassi. Quel giorno fu la prima volta che in una riunione ci parlarono di Diego in termini così positivi. Ci mostrarono un test che aveva evidenziato dei punti forti a livello cognitivo (in realtà sapevamo perfettamente che era capace di risolvere quei problemi, ma a scuola gli costava così tanto adattarsi alla situazione, che non aveva mai manifestato le sue capacità reali e nella maggior parte dei casi si era rifiutato di collaborare nelle valutazioni). Evidenziarono un cambio evidente nella sua attitudine in classe e nelle sessioni di valutazione. Dissero tante cose positive che non riuscimmo a reagire. Dopo aver vissuto con il terrore della derivazione a un centro specifico, o nel migliore dei casi la ripetizione di un anno di scuola materna, sapere che sarebbe passato alle elementari con i suoi compagni ci provocò un tal calo di tensione che non sapevamo cosa dire.
Nei mesi successivi, lavorammo per confinare la sua necessità di rituali a pochi momenti concreti della giornata. Non ci fu in questo caso una soluzione rapida, e probabilmente non ci sarà mai. Sia gli esperti, che alcuni adulti con autismo, ci spiegarono che i rituali rispondono alla necessità di avere qualche tipo di controllo su un mondo che gli sembra illogico, e che bisogna allenarlo a contenerli e limitarli, ma che non si possono e non si devono estirpare. È passato più di un anno, e controllare i rituali nei momenti “ammessi” continua a essere complicato. L’obbiettivo è che siano di corta durata e che non limitino le attività quotidiane. Il fatto che ogni giorno voglia cambiare rituale, che cerchi di aggiungere dettagli, e che se si interrompe voglia ricominciare da capo, non aiuta. Abbiamo conquistato grandi miglioramenti definendo la durata con l’aiuto di un orologio e mettendo l’accordo per iscritto (ultimamente lo facciamo scrivere a lui, per fargli acquisire autonomia), ma limitare i rituali gli costa ancora moltissimo, e affrontare ogni giorno il continuo tira e molla ci innervosisce ancora.