Cambios de mirada

En junio, al finalizar el curso, en el colegio de Diego hubo la habitual entrega de los “banderines”. Se trata de tres reconocimientos (al esfuerzo académico, al deportivo, y al compañerismo) que se entregan a los alumnos merecedores, en un pequeño acto en el que participan todos los alumnos del colegio, los profesores y las familias. Este año, en quinto de primaria el banderín académico se le entregó a Diego, entre los fuertes aplausos de sus compañeros y su enorme sonrisa. Hace tres años, si hubiese permanecido en su antiguo colegio, Diego hubiese empezado tercero de primaria con adaptaciones curriculares significativas y una etiqueta de “imposible” sobre su capacidad de atender, de aprender, de trabajar, de estudiar y de examinarse. Es sobrecogedor pensar en hasta qué punto se habían equivocado sus profesores, y en las consecuencias catastrófica de sus errores y negligencias sobre el futuro de Diego si hubiese permanecido en ese sitio.

Sin embargo, no estoy hablando solo del aprendizaje académico, al cual inexplicablemente restaban cualquier importancia, quizás porqué creían que solo es relevante para alumnos “normales” mientras que personas como Diego solo tienen que aspirar a aprender a atarse los cordones de los zapatos. Pienso también en el cambio radical de mirada que se ha producido en estos años en los que enseñan y en los que aprenden a su lado. El día de la entrega del banderín, su profesora de ciencias nos dio la enhorabuena diciendo “Recordar lo que os digo. Diego llegará lejos”. Su tutor piensa que la presencia de Diego en clase hace los demás compañeros mejores personas, y el director del colegio nos comentó que todo el colegio quiere a Diego, incluso los alumnos de la Eso y de bachiller, pero “sin compasión”. 

El significado de esas palabras está perfectamente representado en un episodio que ocurrió la semana anterior, en ocasión del concierto rock de fin de curso que organiza la escuela de música del propio colegio. Diego está estudiando batería como actividad extraescolar, y parte del aprendizaje consiste en tocar junto a otros compañeros en un grupito rock. Para el concierto, su profe de música los preparó durante meses para tocar “Seven Nation Army” de The White Stripes. Unas tres semanas antes del concierto, a Diego le entró pánico escénico. Empezó a ponerse nervioso cuando se hablaba de concierto, y tras varios esfuerzos de intentar que nos explicase que pasaba, consiguió decir que no quería tocar, que solo quería tocar en los ensayos pero no delante del público, que le daban miedo los aplausos. Intentamos recurrir a las estrategias clásicas (historias sociales, promesas de premios) pero realmente fueron sus compañeros los que solucionaron el problema. 

No querían que en el concierto el batería fuese el profesor. Querían que tocase Diego, porqué es él el batería de su grupo y porqué se había esforzado con ellos en aprender la canción. ¿El problema era que le daba miedo el público? Pues la solución, como habían observado en muchas ocasiones en clase, era pasar por la situación crítica antes del evento. Hablaron con los alumnos de cuarto y de sexto, y para el último ensayo organizaron un pequeño público de niños. Diego tocó en el ensayo, y unos días después, en el concierto, cogió sus baquetas y tocó con su grupo delante de un público mucho más grande. No sabemos si esta iniciativa tuvo algo que ver, pero el vocalista del grupo ganó el banderín al compañerismo la semana siguiente. Esa es exactamente la mirada que nos gustaría para Diego por parte de sus pares. Que, si de verdad les hace mejores personas, no sea porqué con su presencia aprenden a tolerar una molestia, sino porqué vean en el un ejemplo de superación. 

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A giugno, a fine corso, nella scuola di Diego si è svolta la consueta consegna dei “gagliardetti”. Si tratta di tre riconoscimenti (per impegno scolastico, per meriti sportivi e per cameratismo) che vengono consegnati agli studenti meritevoli, in una piccola cerimonia a cui partecipano tutti gli studenti della scuola, gli insegnanti e le famiglie. Quest’anno, in quinta elementare, il gagliardetto accademico è stato consegnato a Diego, tra gli applausi dei compagni e il suo enorme sorriso. Tre anni fa, se Diego fosse rimasto nella sua vecchia scuola, avrebbe iniziato la terza elementare con adattamenti curriculari significativi e un’etichetta di «impossibile» sulla sua capacità di prestare attenzione, di imparare, di studiare e di sostenere gli esami. È sconvolgente pensare a quanto si fossero sbagliati i suoi insegnanti e alle conseguenze catastrofiche dei loro errori e della loro negligenza sul futuro di Diego se fosse rimasto in quel centro.

Non penso solo all´apprendimento accademico, che inspiegabilmente nel suo caso veniva spogliato di qualsiasi importanza, forse perché i professori credevano che fosse rilevante solo per studenti «normali» mentre persone come Diego devono solo aspirare ad imparare ad allacciarsi le scarpe. Penso anche al cambiamento radicale di prospettiva che è avvenuto in questi anni da parte di chi insegna e di chi impara al suo fianco. Il giorno della consegna del gagliardetto, la sua insegnante di scienze si è congratulata con noi dicendo: “Ricordate quello che vi dico. Diego arriverá lontano”. Il suo maestro di lingua pensa che la presenza di Diego in classe renda gli altri compagni persone migliori, e il preside della scuola ci ha detto che tutta la scuola ama Diego, anche i ragazzi delle superiori, ma “senza compassione”.

Il significato di quelle parole é perfettamente rappresentato da un episodio avvenuto la settimana precedente, in occasione del concerto rock di fine anno organizzato dal dipartimento di musica della scuola stessa. Diego sta studiando la batteria come attività extrascolastica e parte dell’apprendimento consiste nel suonare con altri compagni in un piccolo gruppo rock. Per il concerto, il loro insegnante di musica li ha preparati per mesi a suonare «Seven Nation Army» dei White Stripes. Circa tre settimane prima del concerto, Diego cominció ad aver paura del palcoscenico. Si innervosiva quando si parlava del concerto, e dopo vari sforzi per cercare di convincerlo a spiegare cosa stava succedendo, riuscì a dire che non voleva suonare, che voleva suonare solo durante le prove ma non davanti al pubblico, che aveva paura degli applausi. Provammo a ricorrere alle strategie classiche (storie sociali, promesse di premi) ma sono stati proprio i suoi compagni a risolvere il problema.

Non volevano che al concerto la batteria la suonasse l’insegnante. Volevano che la suonasse Diego, perché è lui il batterista del loro gruppo e perché si era sforzato con loro di imparare la canzone. Il problema era la paura del pubblico? Bene, la soluzione, come avevano osservato più volte in classe, era quella di affrontare la situazione critica prima dell’evento. Parlarono con gli alunni di quarta e sesta elementare e per l’ultima prova organizzarono un piccolo pubblico di bambini. Diego suonó alle prove e pochi giorni dopo, al concerto, prese le sue bacchette e suonó con il suo grupo, davanti a un pubblico molto piú grande di alunni e genitori. Non sappiamo se questa iniziativa abbia in qualche modo influito, ma il vocalista del gruppo ha vinto il gagliardetto del cameratismo la settimana successiva. Ed é proprio lo sguardo con cui vorremmo che gli altri vedessero Diego. Se veramente la sua presenza in classe rende i suoi compagni persone migliori, che non sia perché imparino a tollerare un fastidio, ma perché possano vedere in lui un esempio di superazione. 

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