El primer trimestre de colegio fue agotador para Diego. Por la tarde, cuando íbamos a por él, a veces lo encontrábamos dormido en los brazos de su cuidadora, algo que no ocurría desde cuando dejó de dormir la siesta a los dos años. En casa, se sentaba en el suelo de su habitación y se quedaba ahí, exhausto, hasta la hora del bañito. No nos podía contar nada de su día, pero notamos que casi todos los días cantaba una canción nueva, o recitaba alguna poesía que había aprendido en el cole, y esto nos alegraba mucho. Las notas que nos enviaba su tutora eran alentadoras, pero nuestra ansiedad aumentaba cada día más. Con la escolarización, los servicios en el centro base terminaron, y nos quedamos sin un punto de referencia que nos marcara las pautas para nuestra parte de trabajo en casa y para afrontar las dificultades del día a día. Decidimos asociarnos a la asociación de autismo de nuestra ciudad, que ofrece servicios de intervención profesional, además de apoyo a familias y coordinación con los centros escolares.
Como tuvimos ocasión de comprobar más veces, algunos cambios cuestan tanto a nosotros como a Diego. Cada profesional tiene su estilo, debido simplemente a la variedad que hay entre personas, y tardamos un tiempo en adaptarnos a un estilo de trabajo diferente, a pesar de gran alivio de tener otra vez una referencia y una guía. Diego, sin embargo, tardó tan solo un par de sesiones en encontrarse completamente a gusto con su nueva terapeuta y su actitud serena. De hecho, nunca lo habíamos visto tan relajado y colaborativo como en las nuevas sesiones de terapia. Lo hablamos con ella para analizar la situación. En primer lugar, las sesiones eran muy estructuradas, con una secuencia predecible de actividades, cada una marcada con referencias visuales, y con pequeñas variaciones de una semana a otra. En segundo lugar, el nivel de exigencia para Diego parecía más bajo al que solíamos someterle. En general, todo resultaba más fácil para él, y si por un lado nos sorprendía ver como se relajaba y se movía a gusto en ese ambiente tan confortable, por el otro lado nos preocupaba que luego supiese generalizar lo aprendido al mundo real, mucho menos visual, predecible y amigable.
Hablamos muchas veces de nuestras inquietudes con nuestra nueva terapeuta. Queríamos conseguir la misma colaboración y serenidad en el contexto natural, pero nos preocupaba la idea de que poniéndoselo demasiado fácil no pudiera avanzar en otras situaciones. Poco a poco, aprendimos a encontrar ese equilibrio entre los apoyos que el niño necesita para ubicarse en las situaciones, y la parte de reto que tiene que afrontar para aprender a moverse sin ellos por el mundo. La colaboración llevó a avances importantes, sobre todo en nuestro camino como familia. Lo más iluminante para nosotros fue aprender de ella a dividir las exigencias en pasos suficientemente pequeños para que Diego pudiese siempre avanzar y tener éxito. Por ejemplo, leer juntos un cuento nuevo y hacerle preguntas sobre ello podía ser demasiado en un momento dado, y el resultado podía ser que se desconectara. En ese caso, había que bajar las exigencias (solo leyendo el cuento) para que se quedara atento, con nosotros, durante toda la actividad y la siguiente vez intentar animarle a interactuar. Según pasaban las semanas, y íbamos cogiendo los nuevos ritmos entre colegio e intervención, empezábamos a relajarnos, a disfrutar de los pequeños avances y a pensar que lo peor se había quedado atrás. No sabíamos que estaba a punto de caernos encima una crisis espantosa, una involución en el comportamiento que duró meses, y que estuvo a punto de destrozarnos, pero de la cual conseguimos salir, con muchas cicatrices, y fortalecidos.
**********************************************************
Il primo trimestre di scuola fu spossante per Diego. Nel pomeriggio, quando andavamo a prenderlo, a volte lo trovavamo addormentato in braccio alla sua educatrice, cosa che non succedeva da quando aveva due anni. In casa, si sedeva per terra nella sua stanza e rimaneva lì, esausto, fino all’ora del bagnetto. Non ci poteva raccontare niente della sua giornata, ma notavamo che quasi tutti i giorni cantava una canzone nuova, o recitava una poesia che aveva imparato a scuola, e questo ci rallegrava molto. I messaggi che ci scriveva la sua maestra erano incoraggianti, ma la nostra ansia aumentava di giorno in giorno. Con l’inizio ufficiale della scuola materna, i servizi nel centro base furono sospesi, e rimanemmo senza un punto di riferimento che ci guidasse per affrontare le difficoltà quotidiane. Decidemmo di associarci all’associazione di autismo della nostra città, che offre servizi di intervento professionale, oltre che appoggio alle famiglie e coordinazione con il centro scolastico.
Come abbiamo notato altre volte, alcuni cambiamenti costano tanto a noi come a Diego. Ogni professionista ha il suo stile, dovuto semplicemente alla differenza che esiste tra persone diverse, e all’inizio fu complicato adattarci a uno stile di lavoro diverso, nonostante il grande sollievo di aver trovato di nuovo un punto di riferimento e una guida. Diego, invece, si trovò subito a suo agio con la nuova terapeuta e la sua attitudine serena. Di fatto, non l’avevamo mai visto tanto rilassato e collaborativo come nelle sue nuove sessioni di terapia. Ne parlammo con lei per analizzare la situazione. In primo luogo, le sessioni erano molto strutturate, con una sequenza prevedibile di attività, ognuna marcata con riferimenti visivi, e con piccole variazioni da una settimana all’altra. In secondo luogo, il livello di esigenza per Diego sembrava molto più basso di quello che gli imponevamo noi. In generale, tutto sembrava molto più facile per lui, e se da una parte ci sorprendeva osservare come si rilassava e si muoveva a suo agio in una situazione così confortevole, dall’altro lato ci preoccupava che poi non riuscisse a generalizzare l’apprendimento al mondo reale, molto meno strutturato, prevedibile e amichevole.
Parlammo molte volte dei nostri dubbi con la nostra nuova terapeuta. Volevamo ottenere la stessa collaborazione e serenità nell’ambiente naturale, ma ci preoccupava l’idea che rendendogli tutto più facile non potesse avanzare in altre situazioni. Poco a poco, imparammo a trovare quel difficile equilibrio tra i sostegni di cui il bambino ha bisogno per comprendere le situazioni, e la parte di sfida che deve affrontare per imparare a muoversi per il mondo senza di essi. La collaborazione portò a progressi importanti, soprattutto nel nostro percorso di famiglia. Per noi, fu illuminante imparare da lei a suddividere l’esigenza in passi sufficientemente piccoli da permettere a Diego di avanzare sempre e di superarli con successo. Per esempio, leggere insieme un racconto nuovo e fargli domande su di esso poteva essere troppo impegnativo, e il risultato poteva essere che si sconnettesse. In quel caso, dovevamo ridurre l’esigenza (solo leggergli il racconto) per fare in modo che rimanesse attento e presente durante l’attività, e provare a farlo interagire la volta successiva. Con il passare delle settimane cominciammo ad adattarci ai nuovi ritmi tra scuola e terapia, a rilassarci, a godere dei piccoli progressi e a pensare che il peggio era passato. Non sapevamo che stava per caderci addosso una crisi spaventosa, una involuzione del comportamento che durò mesi, e che quasi ci distrusse, ma da cui riuscimmo a uscire con molte cicatrici e più forti di prima.